Effetto Streisand e sostenibilità delle guide enogastronomiche nel 2021
Fenomeno mediatico per il quale un tentativo di censurare un’informazione ne provoca l’ampia pubblicizzazione. Questa la definizione di “Effetto Streisand” e questo è puntualmente avvenuto nei giorni scorsi a Roma nella querelle social che ha visto contrapporsi il ristoratore Carlo Teodori, titolare della pizzeria Farinè, e la giornalista Luciana Squadrilli, curatrice unitamente a Federico De Cesare Viola della guida “I 100 di Roma”, quest’anno pubblicata esclusivamente in digitale con una limitata rassegna di indirizzi dediti all’attività d’asporto.
Andando oltre gli attacchi personali direttamente rivolti a Luciana Squadrilli, la cui professionalità non è assolutamente in discussione per quanto riguarda il sottoscritto, le questioni poste da Teodori non sono del tutto peregrine. Come viene influenzata la linea editoriale delle guide di settore dal peso degli sponsor? Quali e quanti lettori ha oggi, nel 2021, l’editoria enogastronomica (e a questo includo anche il mondo del vino)? La pandemia è giunta a dare un robusto colpo d’obice a una situazione già ampiamente precaria che mette ulteriormente a repentaglio la sostenibilità economica delle guide, sostenibilità che non si fonda più sul mercato, sulle persone che comprano la guida, ma su quanti e quali sponsor siano disposti a investire su un progetto editoriale.
Ed è qui che scende prepotentemente in campo il tema dell’influenza esercitata proprio dagli sponsor: il caso Sangiorgi-Gambero Rosso è ancora lì, ma dovrebbe fare riflettere quanto riportato nelle scorse settimane dallo stesso Alessandro Morichetti di Intravino a proposito delle degustazioni condotte da Marco Sabellico nella serie “Stappa con Gambero Rosso” trasmessa in questi mesi su Facebook: alle aziende, la partecipazione a questa serie, che include anche il passaggio su altri canali social, costa 2.000€+IVA, ma da nessuna parte viene specificato come questi contenuti siano stati realizzati a pagamento. Lo stesso dubbio sorge spontaneo a fronte anche di un filmato pubblicato lo scorso 19 marzo sulla pagina ufficiale della cantina Valdisuga, azienda produttrice di Brunello di Montalcino. Protagonisti di questo filmato sono Andrea Lonardi di Bertani Domains e… Marco Sabellico che degustano insieme il Poggio al Granchio 2015. Anche qui, si tratta di contenuto giornalistico? Contenuto pubblicitario? Mah. Ai posteri l’ardua sentenza.
In ogni caso, si va amaramente a constatare la scomparsa delle notizie: il viaggio stampa, il pranzo, la merenda, la cena-degustazione di abbinamento cibo-vino organizzata dalla cantina di turno presso il super-ristorante hanno demolito l’informazione di settore e la credibilità dei suoi stessi operatori che, di fatto, si limitano solamente a dire “Quanto è buono questo, quanto è buono quest’altro”. Chiaro come la qualità del contenuto e l’interesse suscitato intorno a questa tipologia di contenuti non possa essere alto. Il risultato finale è un giornalismo enogastronomico estremamente autoreferenziale, dedito al “Circle jerking”, realizzato non al servizio del lettore, ma a misura di autore, fotografo coinvolti nel confezionamento dell’articolo che si rilanciano a vicenda su Facebook e su Instagram il fatto di avere incontrato il panificatore/chef/produttore/mastro birraio del momento e di avere trascorso una meravigliosa giornata insieme. E poi via, a godere dei commenti e delle congratulazioni più o meno interessate elargite da amici e collaboratori. Poi, guai a parlare di qualcosa che venga fatto fuori da grandi città, soprattutto Roma. Ebbene, questo, per un buon 4 volte su 5, è il contenuto giornalistico medio nel mondo dell’enogastronomia tricolore.
Dall’altra parte, bisognerebbe anche possedere una certa onestà intellettuale e prendere atto di come tanti, troppi, imprenditori della ristorazione non facciano mistero del volere approfittare di tutte queste storture perché quando si viene citati su guide e quotidiani non c’è alcun problema, ma quando poi si viene misteriosamente ignorati emergono tutti i conflitti di interessi possibili e immaginabili a proposito dell’editoria enogastronomica.
Tornando al nodo iniziale, forse l’unico ad avere interpretato correttamente la “crisi di comunicazione” innescata da Teodori è stato Federico De Cesare Viola: ha sì espresso la sua vicinanza a Luciana Squadrilli, ma dal suo profilo personale non ha scritto nulla e ha continuato a promuovere i suoi articoli come se niente fosse successo. Perché questo, alla fine, è l’unico modo per evitare l’effetto Streisand e scongiurare quindi una riflessione risolutiva sui rapporti malati e i conflitti di interessi che sussistono fra editoria, informazione, aziende e servizio al lettore/consumatore.